E quando vorrò scrivere
mi strapperò le unghie e le mani,
e quando vorrò parlare
verserò veleno nella bocca,
perché l’uomo ha le orecchie chiuse dall’odio,
imperversa su me Signore,
fammi capire che sono oggetto di compravendita
io che ero la tua prediletta,
fammi capire che gli angeli soli
non hanno un’anima nera,
che compatiscono l’uomo;
io infangata sto qui ai tuoi piedi perenne
come una nefasta Euridice.
(da “fogli bianchi” 1987)
Lacci d’amore
I lacci che mi legano i pensieri
sono dubbi d’amore,
serti di dolore
per un uomo
che cerca qualcosa da me
che non è il mio cuore.
Questo assillo è una fascia
che mi imbavaglia
e mi costringe in un cantone.
È una atroce penitenza
che mi divora completamente
senza mai farmi perdere i sensi.
(da “Alla tua salute amore mio – Poesie e aforismi” 2003)
Sarò sola?
Quando avrò alzato in me l’intimo fuoco
che originava già queste bufere
e sarò salda, libera, vitale,
allora sarò sola?
E forse staccherò dalle radici
la rimossa speranza dell’amore,
ricorderò che frutto d’ogni
limite umano è assenza di memoria,
tutta mi affonderò nel divenire…
Ma fino a che io tremo del principio
cui la tua mano mi iniziò da ieri,
ogni attributo vivo che mi preme
giace incomposto nelle tue misure.
Ottobre 1952 (da “La presenza di Orfeo” 1953)
Tangenziale dell’ovest
Tangenziale dell’ovest,
scendi dai tuoi vertici profondi,
squarta questi ponti di rovina,
allunga il passo e rimuovi
le antiche macerie della Porta,
sicché si tendano gli ampi valloni
e la campagna si schiuda.
Tangenziale dell’ovest,
queste acque amare debbono morire,
non vi veleggia alcuno, né lontano
senti il rimbombo del risanamento,
butta questi ponti di squarcio
dove pittori isolati
muoiono un mutamento;
qui la nuda ringhiera che ti afferra
è una parabola d’oriente
accecata dal masochismo,
qui non pullula alcuna scienza,
ma muore tutto putrefatto conciso
con una lama di crimine azzurro
con un bisturi folle
che fa di questi paraggi
la continuazione dell’ovest,
dove germina Villa Fiorita.
(da “La Terra Santa” 1984)
L’ospite
Ti sei presentato una sera ubriaco
sollevando l’audace gesto
di chi vuole fare cadere una donna
nel proprio tranello oscuro
e io non ti ho creduto
profittatore infingardo.
Sulla mia buona fede
avresti lasciato cadere il tuo inguine sporco;
per tanta tua malizia
hai commesso un reato morto.
(da “La gazza ladra” Venti ritratti – inediti sino al 1991)
Il curato
Ormai anche tu parli il dialetto del nostro paese
e annoveri prostitute
insieme a molte gestanti,
anche tu hai fatto un compromesso tra il bene
ed il male,
anche tu dài una mano al diavolo e una a Dio,
ma se ti parlo di teologia
lì fai cadere la frode.
(da “La gazza ladra” Venti ritratti – inediti sino al 1991)
Sono venuta a te con il velo della mia carne
Sono venuta a te con il velo della mia carne
pusillanime fino alla croce
e ho stampato dentro i tuoi flutti
la processione delle mie barche:
è un porto la mente dove il coraggio s’affloscia
di fronte al sogghigno e dopo
la barriera è così incerta di tale destino
che le maghe, i foschi gineprai del mio tutto,
<< i canti di Maldoror >>,
e la tua angelica forma,
fanno tutt’uno dentro il germe dell’arte:
ma a noi questo è segreto.
(da “La volpe e il sipario” -1997)
La pelle nuda fremente
La pelle nuda fremente,
che di notte raccoglie i sogni,
la tua pelle nuda e fremente,
che vive senza emozioni
paga soltanto del mondo,
che la circonda indifeso,
la tua pelle non è profonda,
resta soltanto una resa:
una resa a un corpo malato
che nella notte sprofonda,
un grido tuo disperato,
a quello che ti circonda.
La tua pelle che fa silenzio,
e lievita piano l’ora,
la tua pelle di dolce assenzio
forse può darti l’aurora,
l’aurora tetra e gentile
di un primo canto di aprile.
(da “La Terra Santa” – 1984)
Io ti ho offerto il mio corpo
Io ti ho offerto il mio corpo come un moto
di gioconda tristezza
come un’acqua serena per andare:
tu mi hai creduto una rupe divina
ma non atta a ancorare la radice…
Io ti ho offerto i miei tralci, la mia voce,
la mia vite feconda
ho domandato che tu mi capissi…
Ma neppure hai cercato di baciarmi
e mi credi una venere delusa.
(da “Tu sei Pietro” – 1961)
Chi sei
Sei il culmine del monte di cui i secoli
sovrapposti determinano i fianchi,
la Vetta irraggiungibile,
il compendio di tutta la Natura
per entro cui la nostra mentre indaga.
Sei Colui che ha due Volti: uno di luce
pascolo delle anime beate,
ed uno fosco
indefinito, dove sono sommerse
la gran parte dell’anime, cozzanti
contro la persistente
ombra nemica: e vanno, in quelle tenebre,
protendendo le mani come ciechi…
21 dicembre 1947
(da “Paura di Dio” – 1955)
O poesia non venirmi addosso
O poesia non venirmi addosso
sei come una montagna pesante,
mi schiacci come un moscerino;
poesia, non schiacciarmi,
l’insetto è alacre e insonne,
scalpita dentro la rete,
poesia, ho tanta paura,
non saltarmi addosso, ti prego.
(da “Poesie per Charles” – inedite sino al 1991)
Il mio primo trafugamento di madre
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più « sante »,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
(da “La Terra Santa” – 1984)
Saffo
O diletta, da cui compitai il mio lungo commento,
o donna straordinaria vela che adduci ad un porto
o storica magia o dolce amara
essenza delle muse coronate
di viole e fiori, viola pur te stessa,
perché mai l’abbacinante sgomento
di un amore ingiustamente negato?
(da “La gazza ladra” Venti ritratti – inediti sino al 1991)
Nozze romane
Si, questa sarà la nostra casa,
oggi arrivo a capirlo;
ma tu, uomo gaudente, chi sei?
Ti misuro: una formula eterna.
Hai assunto un aspetto inesorabile.
Mi scaverai fin dove ho le radici
(non per cercarmi, non per aiutarmi)
tutto scoperchierai che fu nascosto
per la ferocia di malsane usanze.
Avrai in potere le mie fondamenta
uomo che mi costringi;
ferirai le mie carni col tuo dente,
t’insedierai al fervore d’un anelito
per soffocarne il senso dell’urgenza.
Come una pietra che divide un corso,
un corso d’acqua giovane e irruente,
tu mi dividerai con incoscienza
nelle braccia di un delta doloroso…
29 dicembre 1948
(da “Nozze romane” – 1955)
Amore, getta la lenza
Amore, getta la lenza
nel cuore degli anni profondi,
dove c’è stagno di sogni
e vento di bramosia.
Nella cornice del volto,
in queste rughe che ho dentro,
tu troverai mille arpe
per delle corde gitane.
La folla che zingaresca danza
intorno ai miei libri
non sa che sapido sangue
scorre nelle Chimere
e lì dove cadde l’Audace
fiorirono mille destini:
un erpice di amore
che miete vittime ancora.
(da “Titano amori intorno” – 1993)
L’ora più solare per me
L’ora più solare per me
quella che più mi prende il corpo
quella che più mi prende la mente
quella che più mi perdona
è quando tu mi parli.
Sciarade infinite,
infiniti enigmi,
una così devastante arsura,
un tremito da far paura
che mi abita il cuore.
Rumore di pelle sul pavimento
come se cadessi sfinita:
da me si diparte la vita
e d’un bianchissimo armento io
pastora senza giudizio
di te amor mio mi prendo il vizio.
Vizio che prende un bambino
vizio che prende l’adolescente
quando l’amore è furente
quando l’amore è divino.
(da “La volpe e il sipario” – 1997)
Ogni parola
Ogni parola
è un gallo che canta all’alba.
Al mattino vedo il tuo volto
teso a strapiombo sulla mia grandezza.
Sei venuto meno alla luna
lo so, un giorno…
poi sei andato a casa di corsa,
ti sei tolto la giacca
e hai messo il fustagno di un turpe pagliaccio.
Allora con una mollica qualunque
la forza di un panettiere
ti ha messo un cono da Pinocchio,
perché così tu sei stato per me,
Manganelli.
(da “Ballate non pagate” – 1995)
Quiètati erba dolce
Quiètati erba dolce
che sali dalla terra,
non suonare la tenera armonia
delle cose viventi,
mordi la tua misura
perché il mio cuore è triste
non può dare armonia.
Quiètati erba verde
non salire sui fossi
col tuo canto di luce,
oh rimani sotterra
nuda dentro il tuo seme
com’io faccio e non do
erba di una parola.
(da “La Terra Santa” – 1984)
No, non chiudermi ancora
No, non chiudermi ancora nel tuo abbraccio,
atterreresti in me quest’alta vena
che mi inebria dall’oggi e mi matura.
Lasciami alzare le mie forze al sole,
lascia che mi appassioni dei miei frutti,
lasciami lentamente delirare…
E poi còglimi solo e primo e sempre
nelle notti invocato e nei tuoi lacci
amorosi tu atterrami sovente
come si prende una sventata agnella.
(da “Tu sei Pietro” – 1961)
Non voglio che tu muoia
Non voglio che tu muoia, no.
Se tu tremassi nella morte,
io cadrei come una foglia al vento,
eppure con le mie grida e i miei sospiri
io ti uccido ogni giorno;
ogni giorno accelero la tua morte,
sperando che anche per me sia la fine
e mi domando dove Dio stia
in tanta collisione di anime,
come permetta questo odio senza rispetto,
e brancolo nel buio della follia
cercando il tentacolo della scienza.
(da “Per Michele Pierri” – inedite sino al 1991)