Io mi sono una donna
a Salvatore Quasimodo
Io mi sono una donna che dispera
che non ha pace in nessun luogo mai,
che la gente disprezza, che i passanti
guardano con attesa e con furore;
sono un’anima appesa ad una croce
calpestata, derisa sputacchiata:
mi son rimasti solo gli occhi ormai
che io levo nel cielo a Te gridando:
toglimi dal mio grembo ogni sospiro!
(da “ Destinati a morire” 1980)
Da questi occhi
Da questi occhi cerchiati di dolore
che ancora non Ti vedono, Signore,
riflesso dentro il mondo,
salvami Tu: sepolta sotto il ciglio
ho una vena di sguardo fuggitiva,
grave di intelligenza,
pallida di tremore inopinato.
Toglimi a me che ho fatta rete intorno
alle stesse bellezze che mi hai date,
che ho mutilati con stoltezza viva
i margini della forza.
O Padre, o Amico, perché vuoi sepolta
entro la tomba del mio stesso nome
me cosciente, me viva
e me, perennemente innamorata?
(da “Paura di Dio” 1955)
Laggiù dove morivano i dannati
Laggiù dove morivano i dannati
nell’inferno decadente e folle
nel manicomio infinito
dove le membra intorpidite
si avvoltolavano nei lini
come in un sudario semita
laggiù dove le ombre del trapasso
ti lambivano i piedi nudi
usciti di sotto le lenzuola
e le fascette torride
ti solcavano i polsi e anche le mani,
e odoravi di feci
laggiù, nel manicomio
facile era traslare
toccare il paradiso,
Lo facevi con la mente affocata
con le mani molli di sudore
col pene alzato nell’aria
come una sconcezza per Dio.
Laggiù nel manicomio
dove le urla venivano attutite
da sanguinari cuscini
laggiù tu vedevi Iddio
non so, tra le traslucide idee
della tua grande follia.
Iddio ti compariva
e il tuo corpo andava in briciole
delle briciole bionde e odorose
che scendevano a devastare
sciami di rondini improvvise.
(da “La Terra Santa” 1984)
Vicino al Giordano
Ore perdute invano
nei giardini del manicomio,
su e giù per quelle barriere
inferocite dai fiori,
persi tutti in un sogno
di realtà che fuggiva
buttata dietro le nostre spalle
da non so quale chimera.
E dopo un incontro
qualche malato sorride
alle false feste.
Tempo perduto in vorticosi pensieri,
assiepati dietro le sbarre
come rondini nude.
Allora abbiamo ascoltato sermoni,
abbiamo moltiplicato i pesci,
laggiù vicino al Giordano,
ma il Cristo non c’era:
dal mondo ci aveva divelti
come erbaccia obbrobriosa.
(“La Terra Santa” 1984)
Tu sei Pietro
Se tu mi hai posto in grembo e nella mente
questo seme dolcissimo di amore,
versa sopr’esso un’aria che lo allevi
e che gli dia più facile respiro!
Se mi hai dato l’Amore come parte
di Te che sei la Parte della vita,
fa che io trovi il calice più mio,
il più vasto, il più ricco e desolato
per colmarlo di me, fa che io trovi
Pietro!
(da “ Destinati a morire” 1980)
Non avessi sperato in te
Non avessi sperato in te
e nel fatto che non sei un poeta
di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani è già passato.
(da “Superba è la notte” ed. Einaudi 2000)
Le osterie
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre sapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.
(da “Poesie per Charles”)
Ora il corpo
Ora il corpo è sublime e i chiaroscuri
scendono alle mie rapide finestre.
Ricordami di te, colmarmi dentro
ogni parola che tu hai detto invano.
Ora non più, ma forse dentro il vento
è rimasto qualcosa del tuo amore
come una foglia o un grigio mutamento
dentro l’umore di un dannato Iddio.
(da “ Destinati a morire” 1980)
Le maschere
Maschere che ho buttato in un canto
ora per ora
per salvare il mio cuore
maschere che hanno lacrime dipinte
e un fiore sempre verde nel labbro
maschere che hanno fumato i miei limiti
che hanno tenuto in bocca le mie sigarette
o maschera gigante
che hai coperto il mio volto
per dieci lunghissimi anni
e che non hai mai riso
nessuno mi identificherà mai
in questo grande teatro che è la vita
perché anche se vengo a vederti
e piango nel mio cuore
ti porto una maschera di solarità.
(poesia inedita dettata al telefono il 26 marzo del 2001 a Massimo Cecconi)
Avviene talvolta ancora a mia figlia Flavia
Avviene talvolta
che il tempo trascorra remoto e leggero
come sugli alti torrioni
d’un medievale maniero,
allora tu non ricordi
più nulla della tua vita
e generosa ti involgi
dentro una rena sopita.
Avviene che il tempo talvolta dimentichi il tuo coraggio
e tu ne vieni sconvolta
come una rosa nel maggio.
Tu che ti accendevi di luce
Tu che ti accendevi di luce,
che mi toglievi dal male
con il tormento del tuo amore segreto,
cosa puoi dire adesso?
Tormentosa è la sorte dei poeti,
chiara e sicura come l’usignolo
la falce della morte che spargeva
la sua polvere d’oro
sopra il misfatto delle mie parole.
Il vero delitto sta nella demenza
del cosmo, sta nel pianto tutto:
è un movimento preciso
di chi soffre d’amore
per un traditore che muore.
(da “Ballate non pagate” 1995)
Canto alla poesia
Poesia, terrore del chiaroscuro,
giorno e notte, aurora,
poesia, mia povertà
e mia aperta fortuna
mio rimorso e perdono,
fatto d’aria e montagne
di solitudini atroci
poesia sostanziale e sola
identità della vita
con lui che ti muove
esperto burattinaio.
(da “ Destinati a morire” 1980)
Dedica
Occorre un amore grande
per viverti accanto, amore mio,
e cavalcare il destino
che è come un puledro avverso,
come una macchina astrusa
e tu vorresti scendere
guardare pascoli azzurri
e invece il destino bizzarro
sbatacchia le povere ali
e immiserisce l’amore
così, quando è sera
io mi adagio al tuo lato
come una vergine stanca
né so cosa tu mi puoi dare
né sai cos’io voglia dire.
(da “Destinati a morire” 1980)
Il violinista piange
Amore, se mi dicessero di abbatterti,
e che tu sei una spina gigante
che mi fa male al cuore,
io pregherei il Signore di darmi tempo.
Sentire il male che mi fai ogni giorno,
sognarti e non vederti è per me
la più atroce delle croci.
Ma come tutti i farisei
tu non mi crederesti
e mi porti a vedere
una moltitudine di uomini
che non gradisco.
E ogni giorno mi offri
cento calici di veleno
Eppure non muoio.
Io domando a Dio
che miracolo è questo.
E mentre tu mi volti le spalle
Il violinista piange
vedendo il suo migliore amico.
che fa piangere una montagna.
Paura dei tuoi occhi
Paura dei tuoi occhi,
di quel vertice puro
entro cui batte il pensiero,
paura del tuo sguardo
nascosto velluto d’algebra
col quale mi percorri,
paura delle tue mani
calamite leggere
che chiedono linfa,
paura dei tuoi ginocchi
che premono il mio grembo
e poi ancora paura
sempre sempre paura,
finché il mare sommerge
questa mia debole carne
e io giaccio sfinita
su te che diventi spiaggia
e io che divento onda
che tu percuoti e percuoti
con il tuo remo d’Amore.
Se tu non vieni qui
Se tu non vieni qui
io sento che la terra si sfalda
e non mi dà più luce.
C’era un tempo lontano
in cui tutto era letizia
e forse era candore
e forse non era niente
il tempo in cui ero felice,
ma adesso che tu ci sei
è un rumore così tremendo
il battito del cuore in un muro,
è un battito di mille mani
che applaudono applaudono
in continuazione
un pianto senza speranza.
(da “Nel cerchio di un pensiero” – Crocetti Editore 2005)
I sandali
Hai dimenticato i sandali amore
i tuoi sandali di desiderio,
li ha trovati sotto il mio letto
il mio portiere
scopando notte tempo di notte
ha trovato i tuoi sandali;
vieni a prendere i tuoi sandali amore
i sandali di legno di sandalo
i sandali di legno biblico
buttali in testa al Signore
che ci ha diviso il cuore.
(da “Folle, folle, folle di amore per te” – Salani Editore 2002)
In questa casa dove non si sentono rumori
In questa casa dove non si sentono
rumori i ricordi sono tanto fievoli
da doverci morire dentro. E io sto
morendo d’amore, l’amore per un uomo
che non mi vuole e che non toccherà
mai il mio corpo. Anche perché forse
la sua anima non ha né occhi né mani…
(da: “Il Tavor” ed. Acquaviva – maggio 2005)
Gesù
Gesù,
per coloro che hanno perso la mente
e i princìpi della ragione,
per coloro che sono oppressi
dal duro silenzio dei martiri,
per coloro che non sanno gridare
perché nessuno li ascolta,
per coloro che non trovano altra soluzione
al grido che la parola,
per coloro che scongiurano il mondo
di non devastarli più,
per coloro che attendono un cenno d’amore
che non arriva,
per coloro che erroneamente
fanno morire la carne
per non sentirne più l’anima.
Insomma,
per coloro che muoiono nel nome tuo,
apri le grandi porte del Paradiso
e fa’ loro vedere
che la tua mano
era fresca e vellutata,
come qualsiasi fiore,
e che forse loro troppo audaci
non hanno capito che il silenzio era Dio
e si sono sentiti oppressi
da questo silenzio
che era solo una nuvola di canto.
(da: “Corpo d’amore. Un incontro con Gesù” ed. Frassinelli – 2001)
A mia sorella
Il nostro viale era il mattino,
silenzioso, mattino di aprile,
immote come fanciulle
scendevamo nell’aia
dei nostri sogni infiniti,
qualcosa ci consolava
la ridente e giocosa giovinezza,
eravamo come le capre
ci bastava un po’ d’erba
e un po’ di rorida acqua.
Adesso la tempesta ci avvelena,
e il nostro cuore é fatto sospettoso
dai mille pericoli di vita,
forse tremiamo per gli altri
ma in fondo siamo rimaste intatte
credenti in un Dio che non muore,
ma forse ci troveremo
oltre queste barriere
come angeli oscuri
che hanno patito la morte
ma che possono credere ancora
che oltre le mura del cielo
sorga una terra santa, edificante leggera,
la terra di tutti i fratelli.
(da:”la Poesia Luogo del Nulla”)
da: “Lo sportello di Forum” – Rete 4 – (5 aprile 2018)